Nel gennaio di quest'anno in un elenco di manifestazioni espositive in Italia durante l'anno, ho notato che dal 26 settembre 2025 al 15 gennaio 2026 a Firenze, anche in Palazzo Strozzi, è prevista una Mostra dell'Angelico.
Sono stato colpito dal vedere implicato Palazzo Strozzi in questa impresa di cui ignoro intendimenti e consistenza. Ciò per due motivi. Il primo, futile per altri, ma importante per me: il Palazzo è la mitica sede dove ho trascorso molto del mio tempo dai 7 anni all'adolescenza. Secondo, ho più seriamente ripensato agli studi dei miei genitori sull'Angelico e a quelli in particolare sviluppati da Licia Collobi proprio in quegli anni. Ho ricordato anche che i Ragghianti hanno organizzato e curato in quel Palazzo tante mostre anche molto importanti e di grande risonanza (un solo esempio: Arte in Italia 1915-1935) e, per di più, c'è da considerare la ventennale attività di “La Strozzina” (1947-1967) ideata da mio padre e subito diventata punto di riferimento non soltanto nazionale della visione dell'arte, prevalentemente contemporanea (in proposito si vedano i post del 15 ottobre 2018 e del 17 novembre 2018).
A monte degli studi di Licia Collobi sull'Angelico c'è l'incarico ricevuto formalmente dal Soprintendente alla fine del 1949 di preparare la “Mostra del Beato Angelico” che si intendeva allestire in occasione del quinto centenario della morte del frate domenicano pittore.
L'obiettivo della Mostra prevista per il 1955 doveva essere di approfondimento e sviluppo di recenti interpretazioni critiche sull'artista. L'Angelico era da sempre ammirato anche se con considerazioni critiche iniziali sottolineanti la sua “primitività” ingenua e religiosamente edificante. Però Matteo Marangoni, il dotto studioso Saper vedere e maestro di Ragghianti, all'inizio degli anni '20 del Novecento aveva orientato la comprensione della poetica dell'Angelico basata sull'inquadramento prospettivo e volumetrico rivoluzionario, compreso e, de facto, assimilato dagli artisti coetanei e più giovani maggiormente rappresentativi.
Nel dettaglio, l'interesse particolare di Licia Collobi per l'Angelico fu determinato dall'incarico affidatogli dal Soprintendente Pacchioni, al quale con la lettera del 24 ototbre 1950 rispose in tre pagine, in “burocratese”, nel quale mi par di scorgere una certa ironia. In concreto la studiosa espone il risultato della propria ricerca e delinea le necessità operative per realizzare quella notevole impresa. Impresa che fu poi affidata per la realizzazione concreta ad altri, guidati da M. Salmi, con altri criteri che suscitarono decise reazioni sia da parte di Licia Collobi che da parte di Carlo L. Ragghianti. Tra il 1950 e il 1954, nel frattempo, Licia Collobi studiò la problematica sull'artista i cui risultati presentò nel saggio Studi Angelichiani (in “Critica d'Arte”, n.7, gennaio 1955) , che così “seleArte” (n.18, mag.-giu. 1955, p.70) presentò ai propri lettori:
Come sopra detto, la reazione di Licia Collobi alla effettiva Mostra allestita in Firene fu criticamente argomentata nel saggio Una mostra dell'Angelico (“Critica d'Arte”, n.10, luglio 1955). Più marcata, polemicamente circostanziata, fu la “stroncatura” di C.L. Ragghianti, come si vedrà nell'apposito post a questo successivo.
Naturalmente gli interventi riguardanti l'Angelico da parte dei Ragghianti ci furono in altre pubblicazioni, alle quali si può accedere approfondendo singole voci bibliografiche. Nella sola “seleArte” alla voce sull'artista nato a Vicchio di Mugello sono registrate 25 citazioni in altrettanti fascicoli della rivista (v. “seleArte”, Indice generale 1952-1966, Fondazione Ragghianti, Lucca 2003).
Data la particolare qualità e “affabilità” delle opere dell'Angelico ho pensato di allegare ai testi del post con gli scritti di Licia, anche una carrellata di opere intere e di particolari del Maestro.
F.R. (9 giugno 2025)
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