In uno dei vari, saltuari tentativi di fare ordine tra i dossier e le documentazioni, mi è capitato quello riguardante l' “emigrazione”. Come tutte le specie animali anche l'umanità è da sempre dedita agli spostamenti e all'emigrazione: quella della nostra specie è stata sempre contrastata con forza e violenza; sempre è e fu fonte di conflitti durati anche secoli, sopiti ma non troncati.
Fenomeno di enorme rilievo, concernente in modo attivo o passivo (immigrazione) esso si manifesta in continenti e nazioni come “lotta” e come guerra civile talvolta. La storia dell'emigrazione coinvolge aspetti cruciali linguistici e sociali, coincide praticamente con la Storia con la esse maiuscola, quella degli eventi, quella che si studia a scuola come materia a sé stante. Conseguenza di questa pervasività
negli accadimenti umani, l'emigrazione – e il suo collegamento speculare l' “immigrazione” – è oggetto di un post in questo blog in quanto sia i Ragghianti che i Collobi sono famiglie coinvolte e partecipi di questi fenomeni reciproci di “emigrazione” e di “immigrazione”.
Dei genitori di Licia Collobi, infatti, il padre fu il 14° figlio (su 16) di Maria Clementi, una friulana italiofona delle valli del Natisone e di Menigo Golubic, uno sloveno degli stessi luoghi. Emigrato a Trieste imperial-regia divenne gerente della più importante stalla (oggi sarebbe Garage-Autorimessa) del porto principale dell'Impero asburgico. Ricordo di aver letto di questa stalla in una lettera indirizzata a Cavour, ancora dedito prevalentemente agli affari.
La moglie di nonno Alberto Golubic-Collobi (costretto dal fascio a italianizzare il cognome, lo scelse anziché Colombini come propostogli) Silvia Domazetovich era invece la terza figlia del conte Clemente, alto dirigente del comune di Trieste. Anche il ramo nobile della famiglia aveva trascorsi emigratori: dalla zona slava del regno di Mattia Corvino al porto croato di Segna-Senij, dove un Domazetovich fu l'Arambara (Capo supremo) degli Uscocchi, celebri pirati collegati alla storia di Venezia e dell'Adriatico.
Nella famiglia Ragghianti entrambi i nonni di Carlo Ludovico erano figli di emigrati da Lucca negli Stati Uniti d'America, da dove – una volta fatta “fortuna” – rientrarono in patria (si ricordi che fino al 1861 Lucca fu stato indipendente). Questa rimpatriata era assai diffusa, come anche in Friuli, specialmente se si erano fatti i “quattrini” nel paese ospitante. Il bisnonno Carlo Ludovico,
omonimo del babbo, per tradizione famigliare lontana (il cognome Ragghianti ha a che fare con i ragli di asini e cavalli) fu esperto altamente qualificato di allevamento ed addestramento sia equino che umano (butteri), tanto che negli USA fece rapidissima carriera, fino a diventare il Manager di quel lord inglese che possedeva nel West una tenuta grande più della Toscana. In questa veste compare fuggevolmente nell'epico film Un dollaro d'onore (Rio Bravo) dove con i suoi cowboys salvò John Wayne, Dean Martin, Angie Dickinson e Ricky Nelson, cioè i buoni, dai cattivi che li assediavano.
Maria Cesari, la madre di C.L.R., invece era nata e cresciuta prima del famoso incendio a Chicago. Era figlia di un ortolano che aveva bottega di tre o quattro sporti (vista in fotografia dalla zia forse ora tra le nostre) in una via principale ed elegante (tipo Tornabuoni a Firenze, Montenapoleone a Milano).
Mia nonna Maria è stata un personaggio complesso, con qualche bizzarria: ricordo qui soltanto che, benché rientrata a Lucca sui 17/20 anni, dopo aver frequentato ottime scuole private con le signorine di buona famiglia dell'Illinois, che io sappia personalmente (e l'ho frequentata da ragazzo abbastanza spesso) e per testimonianze dei miei, compresa zia Erminietta, ella non ha mai più pronunciato una parola in inglese. Per tutta la sua lunga vita!
Stanti questi coinvolgimenti famigliari, ho deciso di dar consistenza ad un post con una documentazione stocastica, riguardante aspetti significativi per la qualificazione di questo “maremagnum” rappresentato dal termine “emigrazione” da un lato, dall'altro lo speculare “immigrazione”.
Questo Giano bifronte drammatico è oggi il fenomeno sociale e politico saliente che travaglia la vita di buona parte dell'umanità. Essa, infatti, è investita brutalmente dalle lotte contro l'emigrazione o da lotte per immigrare. Per non dire di quando, sciaguratamente, più spesso sono presenti entrambi i conflitti: sono forme
disperate di legittima ricerca (quasi sempre utopica e deludente) di una vita migliore per sé e per i propri famigliari.
Anche senza conflittualità, l'emigrazione comporta aspetti drammatici: negli ultimi decenni, e soprattutto nell'ultimo quinquennio, i giovani italiani – maschi e femmine – diplomati e laureati sono emigrati con percentuali davvero impressionanti. Ciò sta creando grossi problemi per il futuro della nazione, specialmente considerando che ben pochi di loro torneranno in questo Paese che crea e mantiene precariato, che non paga equamente e che si sta neofascistizzando all'italiana, cioè cialtronescamente.
Tornando alle caratteristiche di questo post quindi, dalla notevole quantità di documenti collezionati di letteratura pubblicistica – immensa e contraddittoria – su questi argomenti, traggo una breve silloge, esposta in ordine cronologico. Ad essa accompagno alcune immagini, scelte con il criterio di non forzare con aspetti polemici quanto assilla il nostro Paese in pratica controllato sottotraccia ma invasivamente, talvolta politicamente in modo barbaro e crudele.
F.R. (27 aprile 2025)
Questo sintetico profilo dell'emigrazione italiana fu pubblicato sul settimanale “L'Europeo” insieme ad una serie benemerita di altri argomenti alla fine degli anni Sessanta (o poco dopo). Naturalmente nel caos presente nel mio Archivio,
non dispongo della data esatta della pubblicazione. “L'Europeo” in quel turbolento ed inquieto periodo della fragile democrazia italiana fu un punto di riferimento equilibrato e propositivo per l'opinione democratica e laica.

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